AIUTO – Perché chiedere aiuto è così difficile?
Nonostante la cultura occidentale abbia fatto numerosi progressi nel de-stigmatizzare la psicoterapia, per tantissime persone risulta ancora difficile, se non addirittura l’ultima opzione possibile, chiedere un aiuto professionale. Infatti, ci sono una serie di strategie che solitamente vengono prese in considerazione prima di ricorrere alla terapia: parlare con amici e/o familiari; cercare un contatto con la propria guida spirituale o religiosa; leggere libri di auto-aiuto; guardare programmi TV che offrono rapide soluzioni per qualunque afflizione; navigare sul WEB cercando diagnosi e risposte “fai da te”; postare domande personali nelle chat rooms, magari in forma anonima, alla caccia di consigli ritenuti attendibili anziché superficiali.
Non si tratta di giudicare o valutare quanto necessarie siano queste risorse. Talvolta, infatti, alcune possono rivelarsi utili in prima battuta. Molte persone scelgono di stringere i denti, sperando invano che “tanto prima o poi passerà”. Aspettano che ogni cosa cada a pezzi invece di contattare un valido psicoterapeuta.
Perché chiedere aiuto è così difficile?
È comprensibile quanto ci si possa sentire vulnerabili nel raccontare ad una persona sconosciuta i propri pensieri, sentimenti e vissuti. Talvolta, la paura del giudizio o dell’umiliazione condiziona e impedisce di esprimere il bisogno di aiuto. Inoltre, chiedere significa fidarsi e questo non è sempre facile soprattutto quando si è influenzati da precedenti vicende di inganno o tradimento.
“Affogò perché si vergognava a gridare aiuto” – Marcello Marchesi
Altre motivazioni sono da ricercarsi in esperienze vissute nella famiglia d’origine e nelle prime relazioni con persone significative. Se chiedere aiuto è difficile, allora può essere utile riflettere su quanto accaduto nell’infanzia.
La propria famiglia d’origine dava più valore al “fare da sé” o al “lasciarsi aiutare”? Che tipo di messaggio è stato percepito a proposito del chiedere aiuto? Come ha risposto la famiglia alle richieste di aiuto?
Rispondere a queste domande può essere un primo passo utile a comprendere se si è predisposti ad una forzata autonomia oppure se si è a proprio agio nel ricorrere agli altri per trovare nuovi punti di riferimento, ricevere sostegno e assistenza. Quando i messaggi trasmessi hanno insegnato che “chiedere aiuto” era inaccettabile, inutile, motivo di dolore o un segno di debolezza, allora la persona probabilmente vi ha rinunciato, si è rassegnata e ha imparato suo malgrado a provvedere da sola a se stessa, escludendo la possibilità di ogni forma d’aiuto esterno. Osservare come le esperienze passate abbiano influenzato e in che modo continuino ad agire, permette di comprendere il motivo per cui chiedere aiuto rappresenta una prova difficile. Non c’è niente di male e non è mai troppo tardi per imparare a chiedere aiuto e per riformulare il significato della richiesta; un segno di forza e determinazione. Quando si fronteggiano esperienze psicologicamente impegnative o emozioni schiaccianti, chiedere aiuto significa prendersi cura di sé, dare a se stessi il valore che si merita ed aumentare le probabilità che le cose possano volgere al meglio.
“Tutte le cose che abbiamo dimenticato, chiedono aiuto nei nostri sogni” – Elias Canetti
In molti casi, anche l’aspetto economico può tramutarsi in un’utile scappatoia. Un modo per sottrarsi all’aiuto, infatti, è convincersi di non poterne sostenere i costi in tempo e denaro. Escludendo i casi in cui questo rappresenta un reale limite insormontabile, mi riferisco a quelle persone che considerano l’importanza dell’aiuto terapeutico alla pari di altre necessità futili (ad esempio essere alla moda, rispondere a convenzioni sociali, ecc…), fino ad arrivare a definire un costo superficiale la loro stessa salute emotiva, oltre a quella delle persone a loro vicine. Si pensa erroneamente che la salute sia ad appannaggio del corpo fisico e visibile, mentre tutto quello che “non si vede” possa essere trascurato. Così, un sintomo fisico viene accuratamente sottoposto a cure mediche, mentre il dolore emotivo sottovalutato, senza prendere in considerazione che il primo possa derivare proprio da quest’ultimo. Per queste persone l’invisibile continuerà a lavorare nel profondo fino alla crisi. Come il vento invisibile scuote le foglie, così le emozioni turbano animo e corpo.
“Mens sana in corpore sano” – Decimo Giunio Giovenale