RELAZIONI – Sposati col lavoro: quando il lavoro sostituisce gli affetti

24/03/2017

RELAZIONI – Sposati col lavoro: quando il lavoro sostituisce gli affetti

RELAZIONI - Sposati col lavoro: quando il lavoro sostituisce gli affetti

immagine di Igor Morski

Oggi giorno tantissime persone, per svariati motivi, dedicano la maggior parte del proprio tempo e delle proprie energie al lavoro. Questo articolo si riferisce alla situazione specifica di chi vive il lavoro come luogo di rifugio dalle relazioni autentiche e come spazio dove costruire se stessi attraverso il proprio ruolo lavorativo.

Incanalare tutta la propria energia nel lavoro, a discapito delle relazioni, può avere un prezzo elevato. Per alcune persone, essere “sposati” con il lavoro significa molto spesso aver scelto, seppur inconsciamente, di non essere disponibili alla connessione emotiva con gli altri. Sebbene l’idea di una vita impegnata a tenere lontano gli affetti possa risultare terribile, per queste persone è un imperativo. L’eccessiva dedizione al lavoro diventa così un modo per filtrare i contatti emotivi tramite il ruolo lavorativo ed evitare il peso dei legami autentici.

Solitamente la paura, spesso inconscia, dell’intimità, del calore e della confidenza, affonda le sue radici in esperienze emotive infelici che risalgono alla prima infanzia. Spendere una quantità esagerata di tempo nel proprio lavoro è come cercare di mettere da parte, la consapevolezza di un dolore primigenio originato proprio da quelle esperienze infantili. L’ansia sofferta dal bambino, che si sentiva insicuro, continua a vivere ancora nell’adulto e si traduce in comportamenti evitanti. Questo set-up infantile influenza il campo delle relazioni adulte e attiva modi per evitare connessioni. I comportamenti compulsivi, come l’estrema dedizione al proprio lavoro, anche se sembrano avere poco a che fare con le relazioni, sono un modo effimero di sottrarsi all’ansia e all’angoscia generate dalla possibilità di avvicinarsi emotivamente agli altri. Questo evitamento non riguarda solo la vita di coppia, ma si estende a qualsiasi rapporto umano che apra alla vulnerabilità.

Il luogo di lavoro, data la relativa formalità nei rapporti, può essere vissuto come un ambiente di scarso contatto emotivo e quindi povero di affetti autentici. Inoltre, per alcune persone ricoprire un ruolo professionale può garantire una protezione dal coinvolgimento emozionale. Pertanto, esasperare il proprio impegno nel lavoro e presentarsi agli altri principalmente attraverso il ruolo conseguito permette di aumentare le distanze e difendersi da relazioni profonde. Il ruolo lavorativo, quando permette di estraniarsi dai rapporti emotivi, può finire col sostituirsi al Sé autentico, fino a soffocare creatività e spontaneità individuali. Il ruolo diviene così la rappresentazione e l’espressione di se stessi, l’unico modo attraverso cui costruire un possibile contatto con gli altri, anche se sterile ed impersonale.

L’evitamento delle relazioni e l’alto investimento di energie nel proprio ruolo professionale possono anche portare a nutrire risentimenti verso gli altri, oltre alla sensazione di essere raggirati o ingannati. Questo accade a prescindere dalla rimunerazione. Infatti, chi immola se stesso al lavoro può pretendere la stima degli altri, la gratitudine e l’apprezzamento come premio dovuto per la dedizione e l’impegno, come se l’efficienza fosse la sola in grado di far fiorire sentimenti e valori umani.

Esasperare e consolidare il ruolo lavorativo a discapito della propria espressione emotiva, al fine di ottenere solo un biglietto da visita accettato socialmente senza passare dall’emotività, può divenire l’anticamera della nevrosi individuale e sociale. Invece, essere appassionati al proprio lavoro significa vivere in una sana dimensione di autorealizzazione.

Ma dal momento che il posto di lavoro è fatto di persone, è davvero meno probabile essere coinvolti emotivamente?

La vita lavorativa implica il coinvolgimento e il contatto con gli altri. Nel corso del tempo, che si voglia o no, questo tipo di vicinanza ha il potenziale di attivare investimenti emotivi, empatia, vulnerabilità ed intimità come qualsiasi altro ambiente.

Diamo uno sguardo più da vicino al concetto di intimità. La maggior parte di noi lo usa in riferimento a relazioni sentimentali di coppia o come sinonimo di sessualità. Ma se pensiamo all’intimità come alla possibilità di farsi conoscere ed accettare per come si è realmente, allora possiamo applicare questo concetto a tutte le relazioni o connessioni con gli altri, anche quelle che nascono sul posto di lavoro. L’evidenza allora è che anche le relazioni al lavoro possono scatenare reazioni difensive come qualsiasi altro rapporto che prelude il divenire emotivamente importante. In altre parole, così come nei rapporti di coppia, ci sono persone per le quali la vita lavorativa è un grande scenario per la ricerca della non-relazione.

Dott.ssa Marcella Caria


ATTENZIONE! Il materiale pubblicato è volto ad essere spunto di riflessione sui temi trattati e non vuole essere in alcun modo sostitutivo di indicazioni e/o trattamenti terapeutici. La gestione di difficoltà e disagi emotivi deve sempre essere affrontata con l’aiuto  di professionisti del settore. E’ pertanto importante contattare direttamente una figura professionale competente affinché possa valutare la specifica situazione e fornire le adeguate indicazioni terapeutiche.

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