INFELICITÀ – Gli 8 Atteggiamenti negativi dell’infelice cronico

10/08/2016

INFELICITÀ – Gli 8 Atteggiamenti negativi dell’infelice cronico

Gli 8 atteggiamenti che predispongono all’infelicità cronica

INFELICITÀ - Gli 8 Atteggiamenti negativi dell'infelice cronico

immagine di Matt Dixon

Talvolta nella vita tutti noi sperimentiamo pensieri negativi. Come gestiamo i nostri atteggiamenti può determinare la differenza tra la fiducia o la paura, la speranza o la disperazione, la padronanza o il vittimismo, la vittoria o la sconfitta. Molteplici studi hanno rivelato come gli atteggiamenti negativi cronici possono andare a discapito della salute, della felicità e del benessere. Qui di seguito riporto otto pensieri negativi comuni alle persone cronicamente infelici, estratti dalle ricerche del Prof. Preston Ni.

1. La conversazione autolesionistica

Il linguaggio autolesionista è costituito da messaggi, inviati a noi stessi, che riducono la propria fiducia, debilitano le proprie capacità, abbassano il proprio potenziale rendimento e in ultima analisi, sabotano il proprio successo.

Il classico esempio di dialogo autolesionistico include frasi che incominciano con: “Non posso …”; “Non sono in grado …”; “Non sono sicuro …”; “Non ho quello che serve …”; “Sto per sbagliare…”

Vi piacerebbe che un amico vi dicesse ripetutamente “Non puoi farcela”, “Non sei in grado”, “Ti manca la sicurezza”, “Non hai le caratteristiche giuste” o “Stai sbagliando”?

Prendereste in considerazione questa persona come un vero amico? Probabilmente non lo accettereste di buon grado. Per quale motivo allora intendete parlare e pensare di voi stessi in questo modo?

Impegnarsi abitualmente in una conversazione autolesionistica è come avere un amico che vi demotiva costantemente e lo fa ogni volta che dovete prendere una decisione. In questo modo si diventa i propri peggiori nemici nonché il principale denigratore.

2. Supposizioni negative

Una forma prevalente di pensiero negativo è quella di fare il punto su una situazione o un’interazione e presumere il negativo. Per molte persone, questo atteggiamento noto come “guardare il bicchiere mezzo vuoto” è abituale e automatico. L’abitudine di guardare ad esempio al traffico affollato, a un giorno di pioggia o a pagare le bollette come esperienze sistematicamente negative.

Naturalmente non c’è nulla di intrinsecamente positivo o negativo su traffico, meteo o al versamento di pagamenti. Come dice il proverbio, “sono quello che sono”. E’ il modo in cui si sceglie di approcciarsi alle circostanze che rende l’esperienza positiva o negativa. Questa scelta può immediatamente rendere più forti o più deboli, più felici o più cupi, entusiasti o vittimizzati. Date le stesse situazioni, si potrebbe osservare il traffico come la possibilità, l’occasione giusta, di ascoltare musica per la quale non si ha mai tempo da dedicare (magari musica rilassante); un giorno di pioggia potrebbe essere l’occasione per concedersi una cioccolata calda e un buon libro nell’accogliente comfort di casa; il pagamento delle bollette come un’opportunità per comprendere come il denaro e i beni materiali che sono nella nostra esperienza di vita costituiscono soltanto oggetti di mera utilità e non la stessa vita. Il fatto che stiamo usando i soldi per i quali è stato impiegato il proprio tempo (la vera risorsa importante della nostra vita) può essere visto come un completamento del ciclo, un coronamento dei propri sforzi senza i quali non saremmo riusciti ad affrontare quel pagamento.

E’ tutto nel modo in cui si sceglie di relazionarsi al momento, al presente, al qui ed ora.

3. Confronto sociale negativo

Uno dei modi più semplici e più comuni per stare male con se stessi è quello di confrontarsi continuamente con gli altri. Potreste essere tentati di confrontare voi stessi con persone che appaiono più realizzate che sembrano più attraenti o più benestanti economicamente o vantano più amici sui social network.

Quando vi scoprite desiderosi di avere ciò che qualcun altro ha e come risultato vi sentite gelosi o invidiosi, inferiori o inadeguati, state vivendo un momento di confronto sociale negativo.

La ricerca indica che gli abituali confronti sociali negativi possono indurre una persona all’accumulo di maggiore stress, ansia, depressione e di fare scelte autodistruttive.

4. Rimuginazione mentale negativa del passato

Bisognerebbe imparare dal passato, ma non rimanere bloccati in esso. A volte le circostanze della vita e le battute d’arresto personali possono perseguitarci e impedirci di vedere il nostro vero potenziale e riconoscere nuove opportunità.

Quello che è già accaduto, non si può cambiare, ma ciò che deve ancora accadere lo possiamo modellare e influenzare. A volte il primo passo è semplicemente quello di rompere con il passato e dichiarare che siete voi a comandare, non la vostra storia, gli avvenimenti trascorsi o le scelte fatte.

“Nulla vale più di questo giorno”, ci ricorda Goethe. Non è di nessuna utilità soffermarsi a rimuginare sul passato. Servono soltanto scelte migliori oggi per andare avanti.

Legarsi al passato continuando a rielaborarlo, riviverlo e raccontarlo a chi ci sta intorno non è che una pratica di autocommiserazione che può nascondere in realtà la mancanza di volontà o consapevolezza di cambiare, il rimandare il lavoro (faticoso) introspettivo che genera il cambiamento.

5. Convinzioni disabilitanti riguardo i rapporti con persone difficili

La maggior parte delle persone nella vita vive, prima o poi, dei rapporti sociali con persone difficili da gestire. Di fronte a tali individui si può arrivare a pensare di essere vittime e che essi siano i colpevoli, che queste persone detengano il potere all’interno della relazione con il loro comportamento sfidante, predominante, aggressivo, competitivo o invadente. Considerarsi vittima, anche se ciò è giustificato, porta verso un auto-indebolimento.

La chiave per cambiare le vostre convinzioni disabilitanti riguardo a persone con le quali avete difficoltà a rapportarvi è quella di avere un atteggiamento proattivo, cioè reagendo agli eventi in modo consapevole e responsabile, non lasciandosi condizionare dalle proprie impulsive remore psicologiche e dalle circostanze ambientali esterne. Se avete a che fare con un narcisista, un passivo-aggressivo, un manipolatore, un oppressore intimidatorio, una persona controllante, ci sono diverse strategie che si possono utilizzare per gestire la relazione. Nello specifico è meglio comprendere quali siano le attitudini di questa persona ed eventualmente consultarsi con un professionista che vi possa sostenere ed aiutare ad identificare il corretto approccio.

In ogni caso, considerate sempre voi stessi come una nave e le influenze esterne come l’oceano. Non importa se l’oceano è in burrasca e non sarà di nessuna utilità colpevolizzarlo. Non potrete mai cambiare l’oceano. Quello che dovete volere ed ottenere è di riportare la vostra nave in acque più tranquille per continuare la navigazione e quindi la vostra vita più serena.

6. Il desiderio di attribuire la colpa

La “colpa” si potrebbe definire come la detentrice di altre responsabilità riguardo le vostre disgrazie (è solo una definizione a scopo di intendimento). Alcune persone attribuiscono ai propri genitori disfunzionali, ai rapporti negativi, agli svantaggi socio-economici, ai problemi di salute o agli altri disagi della vita il motivo della loro infelicità o della mancanza di successo. E’ sicuramente vero che la vita presenta molte difficoltà come è innegabile il dolore e la sofferenza che spesso causano ma quando si incolpano gli altri come la ragione della propria infelicità ci si sta collocando nel ruolo di vittima.

Ci sono vantaggi illusori nel vittimismo. Puntare il dito offre una comoda giustificazione alle condizioni insoddisfacenti della vita ma rigetta la responsabilità necessaria per prendersi completamente il carico della propria vita e del proprio benessere.

Tuttavia colpevolizzare qualcun’altro o qualcos’altro abitudinariamente e nel tempo perpetua l’amarezza, il risentimento e l’impotenza cosicché la vittima arriva a vivere in quella che H. D. Thoreau chiama “quieta disperazione”.

Spesso il bersaglio del proprio biasimo ha una scarsa idea di come vi sentite realmente e potrebbe non esserne neppure interessato. Di conseguenza vi state facendo oggettivamente del male per il fatto di essere prigionieri della vostra amarezza e del vostro risentimento. I sentimenti di biasimo potranno essere anche giustificati ma non vi aiuteranno a diventare felici, sani o di successo. Non sono in realtà questi l’obiettivo che si voleva ottenere originariamente?

“Quando diamo la colpa, diamo via il nostro potere” – Greg Anderson

7. La lotta nel perdonare se stessi

Tutti quanti fanno errori nella vita. Quando si guarda al passato forse ci sarebbero state decisioni e azioni per le quali si prova rimpianto, ci possono essere stati sfortunati errori di giudizio o si può avere causato un danno a se stessi e/o ad altri.

Quando si ricordano questi eventi passati si potrebbe provare senso di colpa per errori commessi, per i danni causati o per le opportunità mancate. Si potrebbe giudicare se stessi come persone cattive o imperfette e trovarsi a “sguazzare” nel senso di colpa. In questi momenti, è estremamente importante essere compassionevoli con se stessi comprendendo che ora, che si è più consapevoli, si ha la possibilità di evitare di ripetere gli errori del passato ed essere positivamente costruttivi verso se stessi e gli altri.

“Perdonate voi stessi. Ognuno fa errori e gli errori non sono riflessioni permanenti su di voi come persone. Sono momenti isolati nel tempo. Dite a voi stessi  – Ho fatto un errore ma questo non fa di me una cattiva persona” – [cit. Mayo Clinic]

8. La paura del fallimento e di commettere errori

La paura del fallimento e di commettere errori è spesso associata al perfezionismo (almeno in alcuni momenti della vita). Si potrebbe pensare che non si è abbastanza bravi, per una qualche ragione, determinando così una tremenda pressione su se stessi per l’ottenimento del successo.

Mentre l’innalzamento degli standard può servire come strumento motivazionale efficace, l’aspettativa di essere perfetti toglie completamente la gioia di vivere e può effettivamente limitare la maggior parte del potenziale per il successo. Diversi studi hanno dimostrato la correlazione tra perfezionismo e infelicità.

“La perfezione non esiste, capirla è il trionfo dell’intelligenza umana, desiderarla per possederla è la più pericolosa delle follie” – Alfred de Musset

“La perfezione dell’uomo consiste proprio nello scoprire le proprie imperfezioni” – Sant’Agostino

In definitiva credo che da questo punto, davvero importante, ci si possa ricondurre all’analisi di quanto sia salutare e gratificante l’attenzione a se stessi e all’amor proprio (da non confondere con l’egoismo).

Se “amare non significa trovare la perfezione ma perdonare terribili difetti” (R. Pilcher) ne possiamo facilmente dedurre che per amarci e rispettarci necessitiamo di perdonare a noi stessi i nostri naturali e fisiologici difetti.

“Quasi tutte le sensazioni dolorose hanno la loro origine in un modo errato di guardare la realtà. Quando si sradicano le visioni erronee, la sofferenza cessa” – Il Buddha, come ha scritto Thich Nhat Hanh

 

Dott.ssa Marcella Caria


ATTENZIONE! Il materiale pubblicato è volto ad essere spunto di riflessione sui temi trattati e non vuole essere in alcun modo sostitutivo di indicazioni e/o trattamenti terapeutici. La gestione di difficoltà e disagi emotivi deve sempre essere affrontata con l’aiuto  di professionisti del settore. E’ pertanto importante contattare direttamente una figura professionale competente affinché possa valutare la specifica situazione e fornire le adeguate indicazioni terapeutiche.