ADOLESCENZA – Alcolismo giovanile: l’illusione di potersi accettare

12/09/2016

ADOLESCENZA – Alcolismo giovanile: l’illusione di potersi accettare

Il fenomeno dell’alcolismo non esclude adolescenti e pre-adolescenti che, influenzati da pressioni sociali, mediatiche e pubblicitarie, si avvicinano all’alcol ricercando intenzionalmente l’ebrezza fino ad ubriacarsi.

Adolescenza alcolismo giovanile: l'illusione di potersi accettare

immagine dal web

Tra le nuove forme di consumo ha preso sempre più piede tra i giovani il Binge Drinking, ovvero l’abbuffata alcolica, in cui ragazzi e ragazze ingeriscono intenzionalmente e in poco tempo differenti bevande alcoliche fino a perdere il controllo. Tra i motivi di questo comportamento c’è un bisogno adolescenziale di star bene con gli altri e di integrarsi socialmente, ma anche un modo per ricercare sollievo, disinibizione o per allontanare problemi, insicurezze e sentimenti di inadeguatezza personali, considerando l’alcol una sorta di rimedio per fuggire dalla solitudine o da stati d’animo negativi.

Un altro approccio estremo è la Drunkoressia. I giovani, soprattutto le ragazze, bevono molto fino ad anestetizzarsi per annullare il senso di fame e l’inquietudine emotiva. Questi adolescenti rinunciano intenzionalmente al cibo per compensare l’apporto di calorie che intendono assumere bevendo alcolici, ma anche per accelerare gli effetti derivanti dall’assunzione di questa sostanza. L’obiettivo preposto, in comune col più noto disturbo alimentare dell’anoressia, è raggiungere un modello di magrezza conforme ai canoni mediatici di stereotipata bellezza esteriore.

L’alcol diventa così un vero e proprio “amico” che riempie il tempo, che allontana i pensieri. Permette di prendere le distanze, anche se solo temporaneamente, dalla realtà, da una verità interiore inaccettabile. L’alcol trasforma i comportamenti consentendo, attraverso l’offuscato velo dell’illusione, di esibire qualcun altro, cambiando temporaneamente quella parte di sé che si percepisce come impresentabile.

Di seguito quattro considerazioni che possono risultare utili per i care givers:

1. Bere precocemente non è un “normale rito di passaggio”

L’Università di Harvard e altri istituti di ricerca europei riferiscono che l’età media per il primo utilizzo di alcol sia 13 anni per le ragazze e 11 anni per i ragazzi. Questo non deve significare che bere sia un’attività necessaria o usuale per bambini e i giovani. Questi dati indicano invece che un gran numero di adolescenti inizia ad assumere alcolici in età precoce esponendosi al rischio di sviluppare gravi dipendenze da alcol in età adulta. È importante non sottovalutare questo comportamento giovanile definendolo superficialmente come una “normale sperimentazione”. Non si tratta di un “rito di passaggio” per segnare la fine dell’età infantile e l’entrata nel mondo degli adulti. Il riconoscimento da parte del gruppo e la ricerca della propria identità non si dovrebbero tradurre in abuso di sostanze o comportamenti dannosi per se stessi e la propria salute. L’abuso di alcolici indica che c’è qualcosa che non va nella vita e che non si hanno gli strumenti per fronteggiare il disagio emotivo che si sta vivendo. L’alcol non è la soluzione alle proprie inquietudini. Anzi, i suoi effetti negativi si ripercuotono sul corpo e sulla psiche, nei rapporti affettivi, nelle dinamiche famigliari, nelle aree sociali e personali. Permettere all’alcol di governare la propria vita induce inoltre una compromissione di tutti gli aspetti decisionali.

2. I giovani ascoltano i propri genitori più di quanto gli adulti pensino

Le mimiche esasperate e gli atteggiamenti scostanti, nell’attesa che la conversazione finisca presto, sono una reazione diffusa agli ammonimenti genitoriali. Indagini ed interviste tra gli adolescenti dimostrano però che questi ascoltano realmente quanto gli adulti hanno da dire loro, anche quando appaiono sfuggenti. Per questo è importante che i genitori affrontino l’argomento con coscienziosità, prendendosi cura del messaggio che stanno dando, oltre ad offrire uno spazio di confronto costruttivo. Un contenuto significativo non ha alcun valore se non è trasmesso correttamente. Essere genitore non consiste nell’arroccarsi in una posizione di autorità o di verità assoluta. Invece di discutere con i figli circa le aspettative che si hanno nei loro confronti, è preferibile adottare uno stile genitoriale interessato e coinvolto; questo favorirà il bisogno di autonomia, proprio dell’adolescenza, senza dimenticare di trasmettere principi ragionevoli che diano un senso di sicurezza e sostegno.

3. Se l’adulto eccede con l’alcol i suoi ammonimenti non avranno alcun significato

I genitori sono molto spesso criticati dai loro figli per non dare il buon esempio. Essere un buon modello ha un impatto positivo sui figli più di qualsiasi cosa si possa dire loro. Se invece l’adulto stesso fa uso di alcol per “aiutarsi” a fronteggiare problemi emotivi, allora tutto ciò che si tenterà di trasmettere non avrà alcun effetto educativo e di sensibilizzazione. A nessuno piace un ipocrita. Le azioni devono corrispondere alle parole. Se l’adulto stesso ha un problema di abuso di sostanze deve chiedere al più presto un aiuto professionale valido, evitando pertanto di negare la propria dipendenza o ricorrere a “soluzioni fai da te”. Il concetto di affidare il compito di risolvere un problema o migliorare una condizione psicologica ad una bevanda alcolica può essere trasmesso anche ai figli in età precoce facendogli credere che bere sia una possibilità, un’alternativa. Il ruolo genitoriale passa anche attraverso l’osservazione e la messa in discussione di se stessi.

4. Privilegiare l’ascolto

La comunicazione è una strada a doppio senso. Date ai vostri figli ampia opportunità di parlare con voi riguardo le situazioni e gli stress emotivi che stanno vivendo. Create il tempo del dialogo durante il quale tutti i dispositivi elettronici (anche quelli degli adulti!) sono messi da parte, così da poter essere nel momento presente e pienamente impegnati l’uno con l’altro. Se siete disponibili e in grado di ascoltare, i vostri figli saranno molto più propensi a venire da voi nel momento del bisogno e della confusione tipica della crescita e della realizzazione di se stessi.

Dott.ssa Marcella Caria


ATTENZIONE! Il materiale pubblicato è volto ad essere spunto di riflessione sui temi trattati e non vuole essere in alcun modo sostitutivo di indicazioni e/o trattamenti terapeutici. La gestione di difficoltà e disagi emotivi deve sempre essere affrontata con l’aiuto  di professionisti del settore. E’ pertanto importante contattare direttamente una figura professionale competente affinché possa valutare la specifica situazione e fornire le adeguate indicazioni terapeutiche.